venerdì 3 novembre 2006

12 ore per la vita - parte prima

Prologo

Otto meno qualcosa, L’Anonimo fa un sogno strano. Ehi, ma guarda che roba, c’è uno che sembra me che sta spegnendo la sveglia…e ora che fa…ah ecco ora si alza…si guarda intorno…fa freddo eh…via subito a lavarsi e a mettersi i panni pesanti per la giornata…sembra davvero rincoglionito…e ora?...eccolo in cucina, mangia veloce un cornetto mentre bolle l’acqua per il te…finisce di fare colazione…si sciacqua di nuovo il viso…adesso sta parlando da solo…ma che giornataccia oggi, dice…ma che giornataccia oggi, dico. Esco dal sogno o forse no, ma sicuramente esco di casa alle 8. Grazie ad un intricato sistema di sostituzioni e cambi di turno mi aspetta un turno di 11 ore alla reception dell’ufficio dove lavoro di sera; 11 ore a rispondere al telefono. Questa è la fredda cronaca degli eventi così come sono accaduti.

1° ora – 8:00

Scendo in strada imbavagliato dalla sciarpa, col cappello calato fino alla gola, due maglioni e tre magliette. Se non fossi sicuro di avere troppo caldo dopo metterei anche la calzamaglia. Fa un po’ freschino. Passo il tempo in fermata in contemplazione di quell’ uomo slavo che impettito aspetta il bus solo in maglietta a maniche lunghe e smanicato guardandomi di traverso con vivo disprezzo per la mole sconsiderata di abiti che ho indosso sicuro segno per lui della mia effeminatezza di uomo occidentale (più occidentale di lui intendo). Comincio a fantasticare sulla presenza di globuli rossi pelosi all’interno dello slavoide: avvolto in questi pensieri arriva il mio autobus. In totale stato catatonico cerco di racimolare gli ultimi momenti di riposo utile, incastrato in piedi tra un teen-ager sprizzante acne e una donna fatta a botticella. Arrivo trafelato e comincio a sbadigliare: sarà l’unica cosa che ricorderò di aver fatto per tutta la giornata.

2° ora – 9:00

Alla spicciolata cominciano ad arrivare i “colleghi”. Preso bene dall’atmosfera rilassata dovuta all’assenza del capo ufficio saluto con fervore e fare amichevole chiunque mi si presenti davanti dicendomi solo cia- , cinguetto giulivo un’aria lirica e mi offro disponibile per ogni pausa caffè da qui alla fine della giornata, cerco di cementare il collettivo, instauro un rapporto di cameratismo serrato con i “colleghi” maschi parlando di donne calcio e ancora donne. Rispondo alle prime telefonate della giornata con tono educato e voce guizzante, fornisco più informazioni del dovuto a chiunque chiami, rivelando anche alcune scorciatoie per evitare inutili code telefoniche. Mi dico che sarà un’ottima giornata.

3° ora – 10.00

Lo stomaco comincia a rigirarsi: sembra che dentro ci sia un serpente attorcigliato che scorreggia. Cerco di non pensarci, è solo la terza ora mi dico. Cominciano imperterrite le telefonate: a decine. Dedico ancora troppo tempo a ciascun interlocutore, praticamente parlo per un’ora intera ripetendo sempre la stessa frase: per favore chiami più tardi, in questo momento sono tutti in riunione…sì noi le riunioni le facciamo di mattina e di venerdì…si grazie buongiorno; oppure…no guardi non ci sono giornalisti oggi…richiami lunedì o al limite domenica sul tardi…si ecco il numero di fax…si grazie prego buongiorno a lei…ed infine…prego mi lasci pure tutti i suoi recapiti la farò richiamare il prima possibile. Spesso il prima possibile è lunedì. Della settimana successiva. Comincio a sentirmi disidratato e con la lingua pastosa; ogni tanto la testa ciondola pericolosamente in avanti mentre gli occhi si chiudono seguendo lo stesso identico meccanismo delle bambole.

4° ora – 11:00

Le telefonate continuano a decine ma ormai ho preso l’andatura: riesco anche a fare altro mentre parlo al telefono. Mi leggo un giornale intero e due articoli della mia rivista preferita controllo la mail due volte mando una mail a mia sorella per dirle di fare la spesa visto che a casa l’unico cibo rimasto siamo noi due controllo un paio di termini su wikipedia e un paio di parole sul De Mauro butto giù un disegno e abbozzo un progetto faraonico di fare la caricatura di ogni personaggio dell’ufficio. Ormai sono entrato in una prima fase di trans-agonistica in cui il sonno sembra debellato e ogni cosa riesce facile, anche due insieme. Il morale delle truppe è alto, sono ancora ben viste confidenze intime gossip sull’ufficio e pacche sulle spalle. All’improvviso però vengo colto da una leggera perplessità sul senso della vita in quel preciso momento. Le certezze cominciano ad incrinarsi. Vedo palline bianche ogni volta che pronuncio il nome dell’azienda.

5° ora – 12:00

Sbavo. Per la fame il serpente nello stomaco ha cominciato a mangiare se stesso, digerendosi e continuando a scorreggiare. Se tendo l’orecchio mi sembra di udire delle bestemmie pulite provenire dalle mie frattaglie. Ogni telefonata ricevuta è accompagnata da un’imprecazione, come fosse un attentato alla mia stessa integrità fisica. Le risposte si fanno laconiche. Faccio confusione e metto i termini cercati prima su wikipedia all’interno delle conversazioni telefoniche: si buongiorno…no non c’è nessuno con cui può parlare…Kurt Vonnegut…Divina Idiozia…si come dice?? Si certo…buongiorno grazie. Attesa spasmodica e conto alla rovescia dei minuti mancanti alla pausa pranzo prevista per le ore 13. I colleghi sono visti come possibili pietanze: li vedo aggirarsi come cacciagione in periodo venatorio, come fagiani saltellanti in cravatta Regimental. Sbavo quindi sono.

6° ora – 13.00

Pausa pranzo. Rigorosamente non retribuita. In un lampo di lucidità spengo il centralino, mi alzo, barcollo, raggiungo il bagno e libero qualsiasi essenza animale. Mi dirigo obnubilato dalla fame verso la pizzeria del sempre caro Egiziano. Considero l’ipotesi di lasciargli il mio curriculum con preghiera altissima di assunzione anche solo per il resto della giornata: con uno sguardo colmo di pena invoco un trattamento di favore o almeno un’intossicazione alimentare per mancare visita. Ma l’Egiziano come ogni pizzaiolo di generazione importata ha il suo codice deontologico alimentare: mi offre in cambio di sposare sua cugina e di trasferirmi seduta stante a Il Cairo. Declino l’offerta ma mi ritrovo con malinconia ad osservare le corriere che vanno in Romania. Sono le 14. Non ho fatto il biglietto. Ricomincio a lavorare. (...continua).

7 commenti:

Anonimo ha detto...

incredibile...sembra quasi di averlo già letto da quanto suona bene!!!!;-)

Anonimo ha detto...

Grazie all'Anonimo per riuscire sempre a rallegrare i muniti che intercorrono tra l'inizio e la fine della letture dei suoi post sempre tanto ricercati nel linguaggio e divertenti nei contenuti.
Anonimo sei tutti noi... forse un po' più esaurito, ma pur sempre tutti noi ;-)

L'Anonimo ha detto...

anonimo: L'hai già letto da qualche parte??? e come è possibile??? ma non me lo spiego proprio (shhhh domenica ti mando in anteprima la seconda parte ma non dirlo a nessuno)

Umts: mi sembra di aver già sentito le tue frasi...certo che fantasia nel nick eh :)

Anonimo ha detto...

Credo che quell'adesivo sia complicato un po' per tutti :-)
CIAO!!!

Piggio ha detto...

come continua?
a me bastavano le tue prime 4 ore..

Anonimo ha detto...

ma no così sembra che sono raccomandato/a (per mantenere l'anonimato) se mi dai le cose in anteprima!!!
per copertura assumimi come tuo editore/trice, ok???
pensavo di poter già leggere il proseguimento oggi!!!però io lo so come sono andate le cose...almeno un pò!!!

Piggio ha detto...

posso chiamarti ano?

senti mi bastaNO le prime 4 ore!

io non lavoro ancora, ghgh